Marani: ieri, oggi e domani

9 Agosto 2023

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Redazione Heres

Risale al 1928 l’insediamento della famiglia Marani a Vocabolo San Nicola, un gruppo di case sparse circondata da campi e da una corona di montagne che delimitano l’alta Valle Esina, culla dell’areale del Verdicchio di Matelica. Nata come podere di mezzadri, l’azienda vede la prima piccola rivoluzione nel 1968, quando i genitori di Sergio Marani cominciarono a tramutare i campi in vigneti e le stalle in cantine. Poi nel 1978 Sergio prende il testimone e decide di dedicarsi definitivamente alla viticoltura, producendo vino sfuso, oltre che conferire una buona parte delle uve alla cooperativa locale. Passano quasi quarant’anni prima che nasca la prima etichetta Marani, dedicata alla parcella più amata da Sergio, con il nome Sannicola. E’’ il figlio Luca, affiancato dal fratello Matteo, a spingere per la svolta che porta Marani a imbottigliare, a partire dalla vendemmia 2015, una gamma che oggi conta tre etichette di Verdicchio di Matelica e due IGT, un Trebbiano e in Ciliegiolo.

I vigneti sono il regno di Sergio e di Luca, un drappo di 8 ettari che circonda il podere dove si trovano le abitazioni, la cantina e una piccola cappella imbragata, ferita dal terremoto del 2016. Il tempo qui scorre in un parallelo diverso dalle frenesie che si riscontrano altrove, il ritmo è scandito dal contatto con la terra e le piante, dalle stagioni e le tante incognite, dai rituali quotidiani che assecondano le ore di luce e il senso del dovere. L’arrivo di Francesco Bordini nel 2018 come consulente, ha portato i Marani e realizzare, finalmente, il potenziale del loro territorio e il talento nascosto dei vini.

Il primo nato, Sannicola, proviene da una vigna di oltre quarant’anni con una bellissima esposizione a sud, verso i monti Sibillini e la sagoma di Camerino, fantasma di se stessa da quel terribile terremoto. L’altra selezione di vigna proviene dalla fiancata nord, un’intuizione di Bordini con un nome tutto locale – Òppano – che significa “mi fai ombra”. Entrambi Verdicchio 100%, come il Sergio Marani, un’introduzione perfetta all’enclave di Matelica, con un potenziale di invecchiamento che metterebbe in ombra molti bianchi più rinomati.

 

A chiudere i cerchi, quelli del barile, ci ha pensato sempre Sergio che negli anni ha ricercato botti di rovere locale di pezzatura varia, in media 20 hl, costruiti da bottai ormai scomparsi. Quella che una volta era la stalla oggi è la cantina, e quelli che una volta erano normali botti da affinamento, oggi sono dei vascelli, alcuni di 50 anni, che rilasciano un’anima ai vini da saggio. Da contadini.

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